Air Rage!!!! (il passeggero incontrollabile talvolta morde)
Gli americani la definiscono Air Rage: in Europa la si
conosce come Disruptive Passenger Behaviour . Ultimamente ne sono stati
riportati dalle cronache diversi episodi. Il più eclatante è stato quello ribattezzato
Nut Rage, che ha visto come protagonista un’alta dirigente della Korean, tra l’altro
figlia del proprietario della compagnia, che insoddisfatta, pare, del modo in
cui le erano state servite delle noccioline, ha preteso che l’aereo già in
rullaggio rientrasse al parcheggio per sbarcare il purser, secondo lei
responsabile del disdicevole episodio, questo non prima di aver scatenato a
bordo un piccolo putiferio condito da una teatrale sfuriata che pare abbia
lasciato attonito gli altri passeggeri. Data l’asimmetria sociale e lavorativa
dei protagonisti della vicenda, ovviamente l’accaduto ha destato grande clamore.
La signora alla fine è stata costretta a rassegnare le dimissioni, e si
vocifera di una probabile sanzione alla compagnia stessa. Ovviamente ci piacerebbe
anche sapere che fine ha fatto il malcapitato dipendente, che rimane la parte socialmente
più debole nella francamente sgradevole contesa.
Il comportamento aberrante
le cronache
degli ultimi giorni hanno riportati diversi altri eventi che sono costati dirottamenti e
denunce alle autorità. E quasi sempre gli episodi violenti ed offensivi
avvengono ai danni del personale di Cabina. Purtroppo non si tratta di problemi infrequenti.
Il Comportamento Perturbante di un Passeggero (Disruptive Passenger Behaviour) o Air Rage può essere definito come un comportamento aberrante, anormale e offensivo da parte di passeggeri sia in aeroporto che a bordo di voli commerciali. I passeggeri incontrollabili e violenti creano un rischio importante per la sicurezza dell’aereo e dei suoi occupanti. Possono anche rivelarsi molro costosi per le compagnie aeree. In alcuni casi i comandanti sono stati costretti a dirottare un volo per sbarcare i passeggeri violenti. Britsh Airways sostiene che i costi medi di un extra scalo è di circa 40.000 sterline. (http://www.ad-aero.com/airrage_causes.php).
Il problema dunque è noto e riconosciuto, tanto è vero che le compagnie aeree, inclusa Alitalia, dedicano a questo tema un modulo addestrativo specifico, con procedure ed equipaggiamenti designati all’uopo.
Il Comportamento Perturbante di un Passeggero (Disruptive Passenger Behaviour) o Air Rage può essere definito come un comportamento aberrante, anormale e offensivo da parte di passeggeri sia in aeroporto che a bordo di voli commerciali. I passeggeri incontrollabili e violenti creano un rischio importante per la sicurezza dell’aereo e dei suoi occupanti. Possono anche rivelarsi molro costosi per le compagnie aeree. In alcuni casi i comandanti sono stati costretti a dirottare un volo per sbarcare i passeggeri violenti. Britsh Airways sostiene che i costi medi di un extra scalo è di circa 40.000 sterline. (http://www.ad-aero.com/airrage_causes.php).
Il problema dunque è noto e riconosciuto, tanto è vero che le compagnie aeree, inclusa Alitalia, dedicano a questo tema un modulo addestrativo specifico, con procedure ed equipaggiamenti designati all’uopo.
La Frustrazione
Viaggiante
Cercando di individuare le cause circostanziali di
comportamenti aggressivi alcuni esperti li hanno messi in relazione al consumo
di alcool o di farmaci con effetti disinibitori. Un altro motivo che scatena
reazioni rabbiose generando frustrazione è il divieto di fumare. L’aereo è la tipica situazione nella quale
molte persone sono costrette a condividere uno spazio ridotto per molte ore, e
ciò predispone naturalmente all’aggressività. Viaggiare in aereo comporta anche
l’osservanza di una serie di regole relative alla sicurezza, e purtroppo
queste “imposizioni” scatenano in molti utenti una palese insofferenza. Inoltre diverse
persone reagiscono alla paura del volo con un atteggiamento bellicoso.
Piccole gocce nell’oceano
degli abusi
Ma come sanno bene gli assistenti di volo esiste una vasta
gamma di comportamenti aggressivi ed oltraggiosi meno eclatanti che non si concludono
con un extra scalo, o con interventi di tipo sanzionatorio, ma che vengono
gestiti direttamente a bordo dell’aeroplano, spesso in modo neanche
particolarmente brillante né tutelante per le persone che hanno subito
l’offesa. Affrontare un unruly passenger è una vera rogna: chi
decide il da farsi, che è responsabile di quanto accade in volo, è combattuto tra la voglia
di ignorare la faccenda pregando che questa possa concludersi senza spargimenti
di sangue (in genere chi ha l’ultima parola è il Comandante barricato in
cockpit, che neanche si immagina quello che il carico umano stipato qualche
metro indietro è in grado di inventarsi…), magari a tarallucci e vino, e tra la
necessità di ribadire ai passeggeri e all’equipaggio dove risiede l’autorità ed
a richiamare agli attori i principi
della convivenza civile e della buona educazione. Spesso per quieto vivere si
preferisce lasciar correre, oppure si sceglie di intervenire in modo neutro senza sanzionare
in modo deciso chi commette atti abusivi, specie quando si tratta di un cliente, e ciò provoca reazioni di
frustrazioni da parte dei malcapitati vittime delle aggressioni. Credo che ciò sia accaduto perlomeno una volta nella carriera di tutti i front liner.
La legge del
prepotente.
Molti dei miei ex colleghi, ricordano tra il serio ed il
faceto il mitico “spumantino”, la strategia adottata dai capicabina per rabbonire un passeggero "complicato" indipendentemente dal merito ( la bevanda era offerta indifferentemente sia ai mishandeled, passegeri
che avevano subito dei disagi reali, che agli estensori di richieste assurde o ai latori di immotivati
insulti, tanto per tacitarli). La soluzione è di quelle che tipicamente vengono adottate per stoppare comportamenti inadeguati e persino offensivi, e sebbene a volte riesca a sedare temporaneamente gli animi, innesca conseguenze che vanno ben oltre l'accaduto. Premiare chi è scorretto suggerisce al soggetto che vale la pena perseverare negli abusi, ed incoraggia ulteriori comportamenti oltraggiosi; implica inoltre una mancanza di rispetto, oltre che verso il dipendente maltrattato, nei confronti degli altri clienti
che agiscono correttamente. Eppure ciò accade più spesso di quanto non si immagini.
Lei non sa…
Le condotte aberranti da parte dei passeggeri sono aumentate
nella frequenza, e se ciò è in parte ascrivibile al fatto che il numero delle
persone che viaggiano in aereo è cresciuto, e la loro provenienza è molto
varia, e che spesso si viaggia in gruppo e ciò può stimolare
comportamenti scorretti e de-personalizzati, tuttavia va rilevato che non necessariamente gli
eventi negativi si innescano unicamente nelle classi economiche: alla base di molti comportamenti aggressivi
c’è spesso l’atteggiamento supponente di coloro che sono abituati ad avere a che fare con
sottoposti che eseguono prontamente i loro ordini. Si tratta del momento epico
del “lei non sa chi sono io” che con frequenza regolare si palesa a bordo degli
aerei (e in qualsiasi altra fornitura diretta di servizi). E’ il caso ovviamente della dirigente coreana il cui comportamento
riflette convinzioni sociali verticistiche ed elitarie, che sfocia nell’abuso
rispetto ai più deboli.
Il cliente ha sempre
ragione?
Sebbene questi possano essere scatenati da questioni
circostanziali, alcuni studiosi ritengono che i comportamenti aggressivi siano insiti
proprio in certi usi sociali diffusi ed universalmente accettati: in particolare il concetto
della sovranità del cliente legittimerebbe
le aggressioni violente da parte dei consumatori. L’idea alla base del moderno CRM
(Customer Relationship Management) è ritenere, ma soprattutto far ritenere ai
propri clienti, che la soddisfazione delle loro esigenze sia al centro delle
politiche delle aziende. A tale fine si coinvolgono gli utenti alla
partecipazione diretta utilizzando diversi mezzi: dai quasi obsoleti
questionari sulla Customer Satisfaction, ai sondaggi telefonici, all’utilizzo
dei social network e delle communities on line. Siamo nell’epoca del Customer
Empowerment. Ovviamente l’idea di per sé è positiva, ma ci sono dei limiti che
occorre riconoscere e che possono essere insiti, oltre che nella buona educazione e nel rispetto per gli esseri umani, nello stesso prodotto, nelle circostanze che ne determinano la fruizione, e soprattutto nel
fatto che quando il prodotto comprende una relazione (come quella tra cliente e
front-liner), questa implica più di un protagonista. Sulla base degli assunti
di cui sopra il cliente si convince (e viene convinto) di poter sempre ottenere ciò che vuole; quando si confronta con
i limiti della realtà e viene deluso
nelle sue aspettative, si sente
autorizzato a scaricare la sua
frustrazione aggredendo l’addetto di turno. Le pratiche manageriali incentrano
le relazioni con clienti sulla base di queste posizione asimmetriche e le ribadiscono continuamente, e ciò
porta a tollerare ad ogni livello gli abusi routinari, ed intervenire solo su casi
più eclatanti e gravi. Il timore di perdere un cliente modula i comportamenti dei dipendenti, ec ciò fa si che questi
ultimi, se vittime di un’aggressione, finiscano per provare un profondo senso
di colpa attribuendo parte della responsabilità del fatto ad un eventuale
proprio comportamento sbagliato. E come molti ben sanno, non è una bella cosa.
…ma anche no!
Virgin,Southwest e Continental.
Pare che la frase “il cliente ha sempre ragione” sia stata
coniata dal signor Selfridges, quello dei celebri grandi magazzini londinesi.
Ma non tutti la condividono pienamente: tra i critici vi sono della alcuni CEO di
compagnie aeree di successo. La leggenda narra che Herb Keller, fondatore della
celebre Southwest, la prima e più celebre compagnia no frills nordamericana, a una
cliente che in modo assolutamente sistematico si dilettava a inviare lamentele
ogni qualvolta viaggiava, abbia personalmente risposto, all’ennesima protesta giratagli dall’esasperato addetto relazioni
con la clientela con una lettera che recitava: «Gentile Signora X, ci mancherà molto. Cordiali saluti.
Herb». Non sempre vale la pena di mantenere i clienti corrosivi. Molte compagnie aeree hanno una black list che
comprende una serie di persone, anche celebri, che hanno ostentato comportamenti
ripetutamente offensivi nei confronti del personale. Richard
Branson (il famoso magnate di Virgin) ritiene che sostenere che il cliente
abbia sempre ragione priva i dipendenti dell’autonomia e della possibilità di
agire in libertà e di risolvere problemi e diatribe rendendoli timorosi e
passivi. Gordon Bethune, colui che ha rilevato la guida della Continental
Airlines e ne ha risollevato le sorti, è convinto che nelle dispute tra clienti
e dipendenti bisogna sempre prendere le parti del dipendente, affinchè ne sia riconosciuto il ruolo importante nell’azienda, e per evitare quindi che il lavoratore si
senta frustrato e che finisca per covare un profondo risentimento che lo porti
a comportarsi in modo ostile. Perché il dipendente sia orientato veramente al
cliente e motivato a dare il meglio di sè occorre che si senta egli stesso al centro
dell’organizzazione, al primo posto, e quindi tutelato. Quando l’organizzazione
invece propende per il cliente a prescindere, demotiva i
dipendenti, che si sentono svalorizzati e privi di diritto al rispetto. Lasciare
che una serie di frustrazioni si accumulino, e che episodi soggettivamente
umilianti per i lavoratori non vengano mai risolti secondo giustizia, tra l’altro
dà la precisa sensazione che chiunque nelle posizioni apicali imponga delle policy
fortemente sbilanciate verso gli utenti non solo non valorizzi i propri dipendenti ma che non
sia mai stato a contatto con il pubblico. Insomma alcune pratiche e molte
narrazioni prendono vita in uffici che una comoda porta separa dal resto del mondo, lontani da ciò che realmente accade nel variegato e caotico mondo dei
servizi.
Servilismo vs
Sicurezza???
Quanto detto ovviamente vale per tutti i lavori che
prevedano contatti col pubblico, a maggior ragione quando la gestione di
relazioni difficili può compromettere la sicurezza come nel caso di un
aeroplano, dove alcuni comportamenti DEVONO essere prontamente fatti rientrare
(fumo in toilette, consumo di alcool) in modo anche secco e impositivo quando
la gentilezza non funziona. Il rischio è che per quieto vivere si lasci correre
anche sulle cose vitali: perché ci è stato detto che il cliente ha sempre ragione e per la paura di accollarci conseguenze spiacevoli legate alla policy aziendale.
Tutto questo non implica naturalmente che non esistano
atteggiamenti di maleducazione da censurare prontamente da parte degli addetti, ma
qui si parla di altro. Si parla del fatto che in nome della centralità del
cliente non si può arrivare a far maltrattare gratuitamente le persone, mettendone a rischio l'incolumità fisica e morale, del soggetto e degli altri clienti, e la capacità di soluzione autonoma dei problemi insieme alla motivazione al lavoro. E le conseguenze di queste scelte non sono prive di costi economici.
Commenti
Posta un commento